DUO AUSONIA
Luigi Fontana – Baritono
Mauro Maria Pettinelli – Pianista
Se il destino li ha fatti incontrare, una ragione profonda li ha uniti indissolubilmente: il bisogno di arte come strumento di coinvolgimento emotivo, rispetto e comprensione del dettato compositivo, libero da ogni forma di condizionamento che ne alteri il valore. Lungo il sentiero di un’amicizia divenuta sempre più intima, la comune matrice abruzzese e le affinità artistiche hanno reso fecondo quel solido background culturale e professionale su cui poggia il continuo e reciproco affinamento dei mezzi espressivi ed intellettuali: le lezioni di perfezionamento con i Maestri della grande tradizione del Belcanto e la lunga attività di interprete nella Musica Lirica e da Camera e di docente di Canto per il baritono Luigi Fontana; l’entusiasmo esecutivo e l’attività di promozione per il Teatro Lirico e la Musica Vocale da Camera, temprata sugli austeri studi musicali ed universitari nonché sull’attività didattica e di ricerca, per il pianista Mauro Maria Pettinelli. Un contesto di esperienze che trova nell’assiduità dello studio d’assieme l’ideale pendant per approfondire e rendere sempre nuova la lettura di quei capolavori che nobilitano il genere della musica vocale in tutte le sue forme: originale simbiosi di arte, etica professionale ed impegno quotidiano, che porta il suggello di una dedizione completa ed appassionata.
Inoltre, si rende disponibile a modulare il proprio organico con l’innesto di nuovi elementi (voci e strumenti) in grado di dar vita a forme di spettacolo “multiplo” e di soddisfare le finalità particolari di eventuali eventi artistici: condizioni indispensabili l’assoluta preparazione tecnico-professionale, lo spirito di sacrificio nell’affrontare sistematiche prove di studio, la voglia di crescere insieme per obiettivi comuni. Non si sottraggono, per questa ragione, a instaurare rapporti di collaborazione con quanti, manager dello spettacolo in particolare, siano allineati sulle medesime prospettive.
Infine, in armonia con le esigenze di committenti o produttori interessati, offre il proprio impegno ad iniziative discografiche e multimediali che si prefiggono di dar lustro alla cultura musicale e ai suoi generi attraverso soluzioni innovative ed originali.
Baritono
Ha frequentato e si è diplomato presso il Conservatorio “L.Cherubini” di
Firenze,ivi debuttando nel 1978 nell’opera Werther di Massenet diretta dal
M° George Pretre.
Baritono dalla voce pastosa e drammatica, conseguenza di una severa
formazione musicale, tecnica ed interpretativa con i Maestri Gino Bechi a
Firenze, Tito Gobbi a Roma ed Ettore Campogalliani a Mantova.
Vincitore del Concorso Internazionale di Capua nel 1978 e nello stesso anno
del Concorso Nazionale di Pescara.
Il suo repertorio comprende Opere Liriche italiane, nonchè Arie da Camera
di Autori nazionali e stranieri.
Intensa è peraltro la sua attività concertistica sviluppatasi attraverso
interpretazioni di Autori e generi.
Autore del libro “Conoscere una voce” Ed.:Itinerari.
E’ docente di tecnica vocale ed interpretazione lirica.
Pianista
Consegue il Diploma di Pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica “C. Monteverdi” di Bolzano sotto la guida del M° Raffaele Di Berto. Dopo aver seguito un corso di perfezionamento strumentale a Sermoneta tenuto dal M° A. Ciccolini, dirige i suoi studi nell’ambito della musica vocale e nell’anno accademico 1995/’96 frequenta, presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra in Roma, il corso di Direzione corale tenuto dal M° W. Marzilli. Decide, pertanto, di ampliare i propri interessi indirizzandosi alla musica vocale da camera e al teatro lirico, verso i quali manifesta una naturale sensibilità e a favore dei quali svolge un’appassionata attività esecutiva e di promozione esibendosi sia in duo sia in formazioni più ampie: attualmente opera stabilmente nella formazione cameristica Duo Ausonia con il baritono Luigi Fontana.
Laureato in Lettere moderne presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti con una tesi di argomento estetico-musicologico, consegue peraltro la specializzazione all’insegnamento secondario – indirizzo linguistico-letterario – e successivamente i diplomi del Corso di Perfezionamento Post Lauream in Didattica Teatrale e del Master di II livello in Didattica della Lingua Italiana: attualmente è anche docente di Lingua e Letteratura Italiana presso le scuole secondarie superiori.
Parallelamente all’attività didattica e concertistica, si è occupato di pubblicistica nei settori attualità, cultura e spettacolo, con particolare interesse alla critica musicale.
Musica da Camera
F. P. Tosti: MALINCONIA
N. 2. Quand’io ti guardo
versi di Gabriele D’Annunzio
È quella che più di tutte le romanze della raccolta dissolve la generale atmosfera di mestizia che la pervade e rende protagonista indiscusso lo struggimento d’amore.
Il nuovo abito espressivo si lascia subito accarezzare dal leggiadro ritmo sincopato del procedimento armonico strumentale, che nel registro medio segue fedelmente la linea del canto all’unisono quasi a sottolineare lo stato di ansia di chi, preoccupato per l’amante oppresso da angoscia e stanchezza dei sensi, si prodiga in premure ed attenzioni. La varietà degli accenti interni all’onnipresente endecasillabo strizza l’occhio alla mobilità del fraseggio canoro e allo sviluppo sempre più animato dei periodi musicali che, tra frequenti cambiamenti dinamici e progressioni modulanti ravvicinate, s’involano sul tappeto di romantici palpiti di estasi amorosa. L’ispessimento armonico della parte strumentale accompagna e alimenta gradualmente lo slancio emotivo della linea vocale, per raggiungere l’apogeo su una triade del terzo grado in fortissimo che, in risoluzione rara, scivola subitamente sulla tonica cullando l’idea di un idillio senza fine.
La coda strumentale cala il sipario su un ultimo vagheggiamento, impreziosito dall’esitazione cromatica di un ritenendo, e smorza in un piano di recondita dolcezza l’incessante modulo ritmico che ha contrassegnato l’intera composizione.
Musica da Camera
F. P. Tosti: MALINCONIA
N. 5. Chi sei tu che mi parli
versi di Gabriele D’Annunzio
In tono elegiaco, questa lirica chiude il ciclo delle romanze appartenenti alla raccolta “Malinconia” e diventa il luogo di incalzanti interrogativi che lo sconforto della separazione carica di segreta inquietudine: i dolorosi accenti del declamato, pressoché statici nel fraseggio ma ritmicamente pulsanti nel seguire la varietà metrica degli endecasillabi, gettano cupe ombre sull’animo oppresso da un’irreversibile nostalgia, mentre gli accordi strumentali, con il loro incedere fisso e stanco nel modo minore, marcano il tempo in una rarefatta atmosfera lugubre.
Annunciato da un breve passaggio armonico modulante nel modo maggiore, un canto più vibrante e meno remissivo rischiara inaspettatamente il clima di rassegnata sofferenza e, cavalcando le agili onde armoniche in terzine di semicrome della parte strumentale, cerca ristoro nel sogno d’amore. Ma invano: del “divin sogno” non c’è più traccia e, spegnendosi su molli accordi nei toni dominanti, gli interrogativi rimangono senza riposta di sorta.
Il finale accompagna in prospettiva ciclica il ritorno dell’incipit strumentale della prima romanza della raccolta, di cui condivide andamento di movimento e carattere espressivo: quasi un invito a purificarsi nello stato primitivo di natura e trovare riposo “tra le ombrose fronde della selva, ove l’usignolo non canta”.
Musica Lirica
G. Verdi: NABUCCO
Atto IV, scena prima
Dio di Giuda
Mai nella storia del melodramma tanto sincero ravvedimento ha rapito l’anima di un personaggio che la superbia regale aveva trasformato in terribile persecutore del popolo eletto di Dio e profanatore senza scrupoli del Sacro Tempio.
Un’incalzante successione di arpeggi strumentali, che dipinge l’orrore di Nabucco alla vista della figlia Fenena tratta a morte in catene, prepara il clima di subitanea disperazione e rassegnazione che s’impadronisce del re babilonese, impotente di fronte alla sua condizione di prigioniero. Lento e riflessivo, un isolato spunto melodico che scorre dal registro grave a quello acuto dà luce al radicale cambiamento interiore che guida Nabucco a quell’umile gesto che lo avrebbe riscattato dai suoi peccati e dal suo orgoglio: un canto disteso e regolare nelle sue movenze celebra alta e commossa l’invocazione al Dio di Giuda, tesa alla richiesta di un perdono che possa liberare il re dalle sue afflizioni e dai vecchi idoli. Nella sezione centrale un impulso ritmico più concitato, a cui una quartina di biscrome seguita da un modulo sincopato libera rigenerate energie, trasforma la sua accorata preghiera in una valida speranza di soccorso, che sgombra la mente da ogni sacrilego residuo di pagana follia.
Il finale giustifica la portata di questa radicale conversione che, ribadendo in variate formule del dettato vocale la ferma volontà di adorare sapientemente il Dio degli Ebrei, restituisce a Nabucco tutta la sua lungimiranza e la sua grandezza.